Il Disturbo Depressivo Maggiore

Disturbo Depressivo Maggiore

  1. Introduzione
  2. La Diagnosi del Disturbo Depressivo Maggiore
  3. Le Cause del Disturbo Depressivo Maggiore
  4. Il trattamento del Disturbo Depressivo Maggiore

Bibliografia

 

  1. Introduzione

Il termine “depressione” è ormai entrato a far parte del lessico comune. È un disturbo psicologico molto diffuso nella popolazione adulta e, negli ultimi anni, viene spesso diagnosticato anche nell’età pediatrica.

Quante persone soffrono di questo disturbo? In che fasce d’età è più diffuso? Vi è prevalenza a seconda del sesso o meno? I dati che derivano dallo studio di Alonso e colleghi mostrano che la depressione ha una percentuale di diffusione dell’11,2% nella popolazione adulta, 2% nei bambini e 4% degli adolescenti (Alonso J et al., 2004). Secondo il sistema di sorveglianza PASSI (Progressi delle Aziende Sanitarie per la Salute in Italia) la media italiana dei sintomi di depressione è pari invece al 6.3%. In questo studio sono state intervistate 34.443 persone di età compresa fra 18-64 anni ed i risultati sono sintetizzati nelle seguenti immagini:

Le regioni più colpite sono quelle evidenziate in rosso, in arancione le regioni che hanno una media simile a quella nazionale mentre in verde le regioni che mostrano una bassa prevalenza di sintomi di depressione rispetto la media nazionale.

Cosa è emerso, inoltre? La prevalenza dei sintomi di depressione è più elevata nelle donne (8,0%), nei più anziani (8,4%), in chi è divorziato o vedovo (rispettivamente 9,9% e 13,8%), negli intervistati con un livello di istruzione elementare o senza alcun titolo di studio (13,8%), in quelli che dichiarano di arrivare a fine mese con molte difficoltà economiche (14,6%), nei disoccupati (9,2%), nelle persone con almeno una patologia cronica (13,4%) e negli obesi (9,4%).

Dal punto di vista psicologico l’interesse è rivolto al lavoro preventivo e di cura che viene offerto. Sappiamo che si parla molto di “depressione” ma non vi è sufficiente informazione per capire come possa essere prevenuta ed affrontata. Il dato sconcertante del lavoro PASSI mostra infatti come la popolazione italiana sottovaluti il problema. Nello specifico una elevata percentuale degli intervistati (il 40%)  ha dichiarato che pur soffrendo di sintomi depressivi non fa nulla. Ecco cosa accade:

Solo il 32% si rivolge ad un operatore sanitario mentre il restante (circa il 68%) si rivolge a chi può dare solo un supporto emotivo ma non una cura. Ho pubblicato questi dati perchè nella realtà clinica vedo spesso persone che si rivolgono a me dopo anni di malattia che non ha ricevuto trattamento o un trattamento efficace. I dati presentati nello studio e la realtà che viviamo rendono evidente la difficoltà delle persone ad affrontare adeguatamente la cura dello stato psicologico. Per quale motivo? La domanda trova molte risposte e resta un problema di elevata importanza se associato ai dati ISTAT relativi i suicidi avvenuti nel 2014: 4055 persone si sono tolte la vita in Italia.

  1. La Diagnosi del Disturbo Depressivo Maggiore

Per diagnosticare un disturbo psicologico si ricorre principalmente al Manuale Diagnostico Statistico dei Disturbi Mentali o DSM V (APA, 2013) che definisce i criteri per poter formulare una corretta diagnosi. Spesso si usa il termine “depressione” in maniera impropria. Iniziamo quindi a distinguere quali sono, secondo il DSM V, i disturbi depressivi che comunemente chiamiamo “depressione”:

Dist. da disregolazione dell’umore dirompente Dist. depressivo maggiore
Dist. depressivo persistente/distimia Dist. disforico premestruale
Dist. depressivo indotto da sostanze/farmaci Dist. depressivo dovuto ad altra condizione medica
Dist. depressivo con altra specificazione Dist. depressivo senza specificazione

Ora, la caratteristica comune di tutti questi disturbi è la presenza di umore triste, vuoto o irritabile, accompagnato da cambiamenti somatici e cognitivi che influenzano in modo significativo la capacità di funzionamento dell’individuo. Ciò che differisce tra di loro è la durata, la distribuzione temporale o la presunta eziologia (APA, 2013).

Il disturbo depressivo maggiore è quello che verrà descritto in questo articolo in quanto rappresenta la condizione classica e più diffusa di questo gruppo di disturbi. Vediamone i sintomi:

È caratterizzato da episodi di una durata minima di due settimane (sebbene la maggior parte degli episodi dura considerevolmente più a lungo) che comportano nette modificazioni affettive, cognitive e nelle funzioni neurovegetative, alternati a periodi di remissioni inter-episodiche. Inoltre, per poter diagnosticare il disturbo depressivo maggiore, bisogna soddisfare i criteri A, B e C:

CRITERIO A CRITERIO B CRITERIO C
La persona presenta almeno 5 o più sintomi fra i seguenti:              I sintomi devono causare disagio o compromissione clinicamente significativa in ambito sociale, professionale o in altri ambiti di funzionamento importanti. L’episodio depressivo maggiore non deve essere attribuibile all’uso di particolari sostanze o ad altra condizione patologica.
  • Umore depresso per la maggior parte del giorno, quasi ogni giorno
  • Marcata diminuzione di interresse o piacere (anedonia) per tutte o quasi tutte le attività per la maggior parte del giorno
  • Perdita di peso significativa in assenza di diete o aumento di peso (ad esempio può essere significativa una variazione del peso corporeo superiore al 5% nell’arco di un mese), o riduzione/aumento dell’appetito quasi ogni giorno
  • Insonnia o ipersonnia quasi ogni giorrno
  • Agitazione o rallentamento psicomotorio quasi ogni giorno
  • Fatigue o mancanza di energia quasi ogni giorno
  • Sentimenti di autosvalutazione o di colpa eccessivi o inappropriati quasi ogni giorno
  • Ridotta capacità di pensare o concentrarsi o indecisione, quasi ogni giorno
  • Pensiero ricorrente di morte (non solo paura di morire), ricorrente ideazione suicidaria senza un piano specifico, oppure tentato suicidio o piano specifico per suicidarsi

I sintomi appena descritti non sono identici in tutte le persone variando da un individuo all’altro. I “tratti comuni” delle persone che soffrono del disturbo depressivo maggiore sono la perdita di interessi sia verso il mondo che verso sé stessi. Con il passare del tempo, il pensiero negativo associato al rimuginio mentale ed ai conseguenti atteggiamenti verso la vita, portano all’aggravamento dello stato patologico. Il semplice uscire da casa per fare una passeggiata, ad esempio, diventa un gesto sempre più complicato e richiede un dispendio di energie enorme.

Le persone, come ad esempio i famigliari, che assistono al cambiamento dovuto al disturbo depressivo si trovano spesso confuse. Non capiscono come mai la persona depressa non reagisca ma diventi sempre più apatica ed arrabbiata. In alcuni casi tentano quindi di stimolare o incoraggiare ma spesso si ha un effetto controproducente. Molte volte conseguono infatti risposte di rabbia e “chiusura”. Perchè? Ad esempio, la persona sofferente crede che gli altri “banalizzino” i suoi problemi, vive sensi di colpa per l’incapacità di reazione, effettua dei tentativi ma eccessivi date le sue risorse. Il rischio quindi di occuparsi del paziente affetto da un disturbo depressivo è l’aggravamento dello stato e la compromissione delle relazioni famigliari, coniugali, sociali e lavorative.

3. Le Cause del Disturbo Depressivo Maggiore

Il disturbo depressivo maggiore è causato da una concomitanza di fattori. Fra i più frequenti troviamo:

  • Fattori genetici: la familiarità per disturbi dell’umore è un fattore predisponente
  • Fattori biologici: gli studi evidenziano una alterazione nella regolazione di alcuni neurotrasmettitori
  • Fattori psicosociali: di solito, le persone con bassa autostima, tendenza al rimuginio mentale e tendenza a selezionare dall’ambiente le “informazioni negative” sono più predisposte a sviluppare il disturbo depressivo.

Questi fattori sono quelli che “predispongono” la persona a poter sviluppare il disturbo depressivo maggiore ma bisogna tenere conto di ulteriori fattori chiamati “scatenanti”. Questi ultimi, sono eventi di vita sia positivi che negativi. Fra i primi, ad esempio, troviamo la nascita di un figlio, il matrimonio o un evento positivo ma altamente stressante. Per quanto riguarda i negativi, possiamo portare l’esempio del lutto, della perdita del lavoro, di un evento traumatico, ecc.

Infine, il disturbo depressivo maggiore può verificarsi come disturbo a sé o manifestarsi come disturbo associato a:

  • Disturbi psicologici (es. disturbo da panico, disturbo post-traumatico da stress o distubo ossessivo-compulsivo),
  • Disturbi alimentari (es. anoressia e bulimia nervosa),
  • Condizioni mediche (es. cardiovascolari, neurologiche, tumori),
  • Comportamenti nocivi (es. abuso di alcol, gioco patologico, uso di droghe).

4. Il trattamento del Disturbo Depressivo Maggiore

Prima di procede ad un trattamento psicoterapeutico bisogna valutare, con l’intervento del medico di medicina generale o di uno specialista, la valutazione dello stato fisico. Bisogna infatti escludere la presenza di malattie che possano indurre sintomi depressivi.

Bisogna inoltre valutare se la persona ha effettuato precedenti trattamenti psicoterapeutici e/o farmacologici. In questo caso, le informazioni acquisite hanno lo scopo di verificare cosa sia o non sia stato efficace.

È possibile la somministrazione di test al fine di valutare lo stato dell’umore all’inizio ed al termine del trattamento per la valutazione degli esiti.

Il trattamento del disturbo depressivo si basa sia sulla modalità di pensiero che sul comportamento della persona affetta. Facciamo un esempio: la persona ha una modalità di pensiero prettamente negativa il chè comporta “selezionare e/o interpretare” negativamente quanto vive. Inoltre ha la tendenza a rimuginare sui propri problemi. Questi due atteggiamenti di pensiero, conducono a conseguenti comportamenti come la graduale perdita di interessi. L’assenza di stimoli, come la perdita di interessi, conduce a sua volta a valutare sempre più negativa la propria situazione ed il circolo continua.

La terapia psicologica interviene nel bloccare questa spirale. Il lavoro viene svolto sia a livello cognitivo (le modalità di pensiero) che comportamentale (il comportamento). Nel primo caso, il terapeuta aiuterà la persona a promuovere un pensiero più adattivo e positivo. Nel secondo caso, il terapeuta interverrà nel promuovere tutte quelle attività o piaceri che sono stati man mano abbandonati per reintegrarli nella vita della persona.

In alcuni casi (se richiesto o se necessario) verranno coinvolti anche i familiari per poterli consigliare sui comportamenti da mantenere, da evitare o promuovere.

Infine, verranno insegnate delle tecniche per la prevenzione delle ricadute come il riconoscimento dei sintomi e l’immediato intervento sugli stessi.

Per concludere, ricordiamo che iI disturbo depressivo può esordire ad ogni età, con un’età media di esordio intorno ai 25 anni. Alcune persone manifestano episodi depressivi isolati seguiti da molti anni senza sintomi, mentre altri sviluppano episodi più frequenti. I costi della depressione nella vita di una persona sono elevati sia per quanto riguarda la qualità della vita della persona stessa sia per le persone ad essa legate.

Se non si interviene con una valido trattammento che aiuti la persona ad acquisire strategie funzionali alla soluzione degli episodi depressivi acuti e alla prevenzione delle ricadute, è altamente probabile che il soggetto vada incontro a recidive ricorrenti.

 

 


Bibliografia

 

  • Alonso J, Angermeyer MC, Bernert S, Bruffaerts R, Brugha TS, Bryson H, de Girolamo G, Graaf R, Demyttenaere K, Gasquet I, Haro JM, Katz SJ, Kessler RC, Kovess V, Lépine JP, Ormel J, Polidori G, Russo LJ, Vilagut G, Almansa J, Arbabzadeh-Bouchez S, Autonell J, Bernal M, Buist-Bouwman MA, Codony M, Domingo-Salvany A, Ferrer M, Joo SS, Martínez-Alonso M, Matschinger H, Mazzi F, Morgan Z, Morosini P, Palacín C, Romera B, Taub N, Vollebergh WA, ESEMeD/MHEDEA 2000 Investigators. European Study of the Epidemiology of Mental Disorders (ESEMeD) Project. Acta Psychiatr Scand Suppl. 2004;(420):21-7.
  • APA – American Psychiatric Association. Diagnostic and statistical manual of mental disorders (5th ed.). Arlington, VA: American Psychiatric Publishing, 2013. Edizione italiana: Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali. Milano: Raffaello Cortina, 2014.

 

Dott.ssa Elisa Negro

Psicologo – Psicoterapeuta Cognitivo-Comportamentale

Dottore di Ricerca in Neuroscienze Cliniche

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